Roveredani illustri

  • ATTILIO CADELLI

    Attilio Cadelli è figlio di Giovanni, il fondatore della Filarmonica di Roveredo in Piano.

    E' nato nel 1889 e morto il 22 novembre 1992, all'età di 103 anni: era il più anziano della Provincia.

    All'età di 16 anni si è trasferito in Germania per lavorare; poi è rientrato per mettersi al servizio della Patria: ha combattuto come soldato del I Reggimento Fanteria durante la Prima Guerra Mondiale, è stato insignito del cavalierato di Vittorio Veneto.

    Successivamente è emigrato negli Stati Uniti d'America.

    Dopo il rimpatrio si è sposato con Rosa Del Piero, da cui ha avuto quattro figli: Giovanni, Pietro, Maria e Angela (Suor Susanna).

    Per molti anni è stato apprezzato suonatore della Filarmonica di Roveredo in Piano, che lo ha onorato nel giorno del funerale.


  • CIRILLO STEFFANINI

    Cirillo Steffanini è nato a Milano nel 1859.

    Dapprima corridore e ginnasta, fu contagiato dalla passione per il volo dal celebre aereonauta belga Blondeau, con il quale il librò per la prima volta nell'aria attaccato al trapezio di una mongolfiera nell'aprile del 1886.

    Nel 1897 entrò a far parte della Brigata Specialisti del Genio, prese il brevetto di pilota di mongolfiera e svolse oltre 300 ascensioni.

    Nel 1910 divenne pilota d'aereo e collaudatore. L'anno successivo fu trasferito a Roveredo in Piano e partecipò ai lavori per la costruzione del campo di volo di Aviano.

    Iniziò allora la sua fervida attività a favore dei giovani del paese: gettò le basi di quella che sarebbe divenuta la Società Sportiva "Vis et Virtus", fi registra e realizzatore di manifestazioni teatrali e musicali, organizzatore di gare sportive.

    Cirillo Steffanini promosse anche la costituzione di un Comitato Pro Roveredo, allo scopo di dotare il paese di un mezzo meccanico per l'estinzione degli incendi, poi acquistato e ceduto al Comune.

    Morì a Salbiate Arno nel 1946.


  • DARIO CODOL

    Del Piccolo Primo Dario "Dario Codol", classe 1921, è stato l'ultimo giullare dell'era contadina. Era gioviale, sempre pronto alla battuta arguta, ma mai schernitrice. Amava la pittura, la musica, le buoen letture e dava anima e dignità alla storia pesana con gli aneddoti che raccoglieva lungo il cammino della vita chiamandoli con finta prosopopea: «Verità morali di cultura contadina».

    Conobbe una vita serena anche se, da ragazzo, gli capitò di perdere un occhio, dovuto allo scoppio di un residuato bellico che, con gli anni, contribuirà a ritenersi "brutto e goffo" fino a scegliere di vivere solo, seppure con l'uscio di casa sempre aperto per amici e conscenti.

    Naturalmente negato ad apprendere un mestiere, nel mondo del lavoro non andò mai oltre la qualifica di manovale ma, da pensionato, la su aelementare scolarizzazione gli bastò per superare l'esame che fece di lui il primo bibliotecario comunale e poi, stimato dai concittadini, mantenere l'incarico per ben diciassette anni.

    Spinto da passione ai limiti della mania, pur con le sue scarse risorse, riuscì a visitare i maggiori musei e le più ricche pinacoteche d'Europa.

    Non ha mai dato peso alla morte ma ultimamente, con la salute compromessa dal suo mai celato amore per il vino, temeva d'incontrarla prima di aver visitato la città di Praga e l'Ermitage di San Pietroburgo. Purtroppo, il 21 agosto del 1998, quanto paventava si avverò, dando credito alla sua filosofia che ormai da tempo, negando ogni speranza nel futuro, soleva lapidarmente racchiudere in: MORTE E DISPERAZIONE!

    Riteniamo importante ricordarlo pubblicando qui un suo racconto apparso sulla pubblicazione a cura della Pro Roveredo "Roveredo ieri - oggi - domani".
    IL VOCABOLO «MENEGHEL»

    Non sfogliate dizionari, vocabolari, ecc. Non rovinatevi gli occhi: il vocabolo «meneghel» nei libri non c'è.
    E' un vocabolo inventato dalle stirpi che abitano in un ristretto gruppo di Comuni della Provincia di Pordenone.
    Insomma la genesi di questa parola? Eccola.
    Si è constatato che molti degli immigrati nei nostri Comuni dalle provincie di Venezia, Padova, Treviso e Vicenza (con quei de Rovigo no me intrigo) si chiamano Menego (Domenico). Quindi sono «meneghei» gli immigrati da quelle provincie.
    E' purtroppo vero che, all'origine, il termine «meneghel» aveva, verso gl'immigrati, un senso di derisione, anche di disprezzo. E ben giustificate erano le reazioni che provocavano nei nuovi cittadini tale parola. MA queste cose appartengono ormai al passato. Sia pur lentamente i cervelli hanno messo a punto i loro «transistors».
    Era una malattia di origine campanilistica; non diciamo la parola grossa razzista poiché tutti sappiamo dove il mio amico Hitler col razzismo è arrivato.

    Chi è il più bravo uomo del mondo? Io! Poi vengono quelli del borgo di S. Anna, poi i «ciampagnuoi», vale a dire quelli che abitano da Bicon in su. Circa sessant'anni fa ci siamo accorti che anche i «codaruoi» erano esseri umani. Un po' più duro è stato accogliere nel rango degli esseri superiori gli abitanti del Comuni vicini, ma ci siamo arrivati.
    Pian piano abbiamo incluso nella lista i friulani, i «meneghei», gli italiani, gli europei ed il resto del mondo. Non possiamo includere i marziani per il semplice fatto che non esistono.
    «Semo invasi dai meneghei» - dicevano certi vecchi. Quelli che avevano i mustacchi lunghi e la pipa come un saxofono. Non si ricordavano però le emigrazioni dei Roveredani, poveracci, in tutti gli Stati del mond alla ricerca, purtroppo, di materie prime da immettere nello stomaco. Se ritornassero a casa tutti gli emigrati di Roveredo ed i loro discendenti nel Comune non ci starebbero più neanche accatastandoli in piazza. Quindi prendiamo il termine «meneghel» come parola affettuosa. Chi si arrabbia più se a Roveredo ci chiamano «Gialuth», S. Quirino «tira ca la jot», «Folpo» a Cordenons, «Cek» ad Aviano, «Chegol» a Pordenone?


  • DON ANTONIO COJAZZI

    Don Antonio Cojazzi, quarto di sette figli, nacque a Roveredo in Piano il 30 ottobre 1880.
    Compì gli studi nei collegi di Mogliano Veneto ed Este, formandosi quindi alla vita salesiana a Foglizzo Canavese.

    Nel 1905 si laureò in lettere presso l'Università di Torino, due anni dopo conseguì la laurea in filosofia e si diplomò in inglese, specializzandosi in Inghilterra. Fu ordinato sacerdote a Treviso nel 1908. Fu insegnante di filosofia al collegio Valsalice di Torino dal 1908 al 1950.

    Nell'ottobre del 1953 si recò a Salsomaggiore per un corso di predicazione. Nel pomeriggio del giorno 27 prese parte, nel teatro parrocchiale, ad uno spettacolo di burattini. Si sedette in mezzo ai bambini con quella chitarra che aveva tenuto allegri migliaia di giovani e rise rumorosamente con la semplicità di un fanciullo. A sera lo colse l'infarto. Al confratello che gli annunciava la gravità del male, rispose sereno «Deo Gratias». E quello fu il suo ultimo addio alla vita terrena, agli amici, ai libri, al lavoro; e fu nello stesso tempo il suo saluto al Signore che per tanti anni aveva amato e servito nell'insegnamento, nella predicazione, nelle pubblicazioni. Toccò a suo fratello Don Enrico, anch'egli salesiano, celebrarne la Messa di suffragio.

    Don Antonio Cojazzi poteva essere soltanto salesiano: era innamorato di Don Bosco e del suo metodo, che seppe applicare per oltre cinquant'anni di vita in mezzo ai giovani, sui quali esercitava un forte ascendente. Questi ammiravano in lui la semplicità ed il candore di un fanciullo, il fascino del maestro, ma soprattutto la sua fedeltà alla Chiesa. In molti giovani aperti e generosi seppe infondere la sua bontà, la sua passione per le anime, primo fra questi Pier Giorgio Frassati, che divenne una bandiera, un simbolo per la gioventù cattolica italiana. Lo educò alla fede, alla fierezza, al coraggio, all'amore per i poveri. Alla sua morte, ne scrisse la biografia.
    La lezione di Pier Giorgio sulla povertà segnò una svolta nella vita dello stesso Don Cojazzi, il quale non si accontentò di parlare e di scrivere moltissimo sulle conferenze di S. Vincenzo, ma incominciò ad interessarsi di persona a tanta povera gente.

    Dopo la celebrazione religiosa in occasione del primo centenario della sua nascita il 23 novembre 1980, sulla facciata della casa natale è stata scoperta una "lapide ricordo", in cui sono menzionati anche i due fratelli salesiani Don Francesco e Don Enrico.


  • GIOVANNI CADELLI "GRITH"

    Giovanni Cadelli "Grith" è nato a Roveredo in Piano nel 1848, all'età di nove anni si trasferisce a Venezia.

    E' stato un giovane roveredano, il primo ad introdurre in paese la passione per la musica bandistica. L'aveva imparata da un cliente del Caffè che i nonni gestivano a Venezia. Alla morte del nonno, nel 1865, ritorna a Roveredo e riunisce, in un locale di Via Cavallotti, un gruppo di suoi coetanei, insegna loro a suonare con passione, impegno e sacrificio.

    Quel locale in Via Cavallotti è stato la prima sede della "Banda" roveredana che, già negli anni Trenta, con i suoi 60 elementi, era nota in tutta la Regione.

    Il soprannome di Giovanni Cadelli "Grith" deriva dal fatto che la nonna era originaria di Grizzo.


  • MAFALDA MICHELUZ

    In oltre vent’anni di carriera MAFALDA MICHELUZ, in arte MICHELUZZI, ha onorato il canto italiano nel mondo, con la sua splendida voce di soprano.

    Ha iniziato a studiare canto nel 1946, sotto la guida dell’insegnante Rita Cojazzi D’Andrea, per vincere nel 1950 il concorso del Teatro Sperimentale di Spoleto, interpretando l’aria di “Violetta” dal primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi.

    La sua carriera artistica inizia nello stesso teatro di Spoleto con l’opera rossiniana “Il Signor Bruschino” e continua anno dopo anno in Italia ed in Europa.

    Nel 1954, con l’avvento della televisione e la trasmissione di opere liriche, Mafalda Micheluzzi è stata scelta per interpretare “Nedda”nei Pagliacci di Leoncavallo, con Franco Corelli e Tito Gobbi, mentre nel 1956 viene per la prima volta ad interpretare “Mimì” nella Bohème di Puccini al Teatro Verdi di Pordenone.

    Lunghissimo l’elenco dei prestigiosi teatri italiani ed europei in cui ha cantato, dalla Scala di Milano all’Opera di Roma, al San Carlo di Napoli, ai teatri comunali di Firenze e Bologna, al Massimo di Palermo, al Verdi di Trieste, al Regio di Torino, mentre all’estero ricordiamo: il San Carlos di Lisbona, l’Opera del Cairo, i teatri di Dublino, Londra, Parigi, Edimburgo, Barcellona, Losanna, Zurigo, San Francisco e New York e altri.

    Con un repertorio di oltre sessanta opere, ha avuto al suo fianco cantanti famosissimi come Beniamino Gigli, Mario Del Monaco, Franco Corelli e Giuseppe Di Stefano, Tito Gobbi, Boris Christoff, Giuseppe Valdengo e Renata Tebaldi, Magda Olivero, Maria Caniglia, Giuglietta Simionato, Caterina Mancini, Cigliola Frazzoni e tante, tante celebrità della lirica.

    Inoltre è stata guidata da famosi direttori d’orchestra e registi di fama mondiale.


    Dopo oltre vent’anni di grandi successi in tutto il mondo, l’artista vive a Roveredo in Piano con il marito Giorgio De Mattia, con un bagaglio prezioso di spartiti e costumi di scena, ricordi della sua attività di soprano.



    Il soprano Mafalda Micheluzzi, nel settembre del 2001 ha donato ai Musei Civici di Pordenone, la sua preziosa collezione di vasi etruschi, circa cinquanta pezzi, che presto saranno collocati definitivamente al Museo del Castello di Torre.

    Altro dono prezioso del soprano Mafalda Micheluzzi, due costumi della verdiana Violetta, all’Amministrazione Comunale di Sacile, in occasione della riapertura del restaurato Teatro Zancanaro nel 1997.



    La Micheluz, in arte Micheluzzi, è citata nell’Enciclopedia Monografica del Friuli Venezia Giulia volume 3 “La storia e la cultura” ed.1981, ed un breve curriculum della sua vita artistica è riportato nel Dizionario Biografico Friulano 3^ Edizione, anno 2002.



    La ProPordenone ha designato il Premio San Marco 2004 al soprano Micheluzzi, per i sui meriti artistici, premio che viene annualmente assegnato ai cittadini della provincia di Pordenone distintisi nei vati settori dell’attività umana.






  • RICCARDO MICHELAZZI "MARSINO"

    Riccardo Michelazzi "Marsino" è nato nel 1910, scomparso nel 1988.

    E' una notissima figura in campo sportivo e sociale, impegnato nelle varie attività in paese, socio fondatore di tante associazioni.

    Ha combattutto come pilota di riserva e nella Resistenza; è stato sottotenente pilota durante il secondo conflitto mondiale.

    Ha propugnato, con energia e passione, la realizzazione di un Museo dell'Aeronautica a Pordenone; sogno che però non è riuscito a realizzare. Marsino aveva conservato un fortissimo legale con l'aeronautica azzurra provinciale.

    E' stato per molti anni legato alla Scuola di Disegno Professionale, alla Società Vis et Virtus ed alla Scuola Materna - Asilo "Sacro Cuore". E' stato Presidente onorario dell'Associazione dell'Arma Aeronautica.

    Tra il 1974 ed il 1975 è stato Sindaco di Roveredo in Piano.

    Nel dicembre del 1998 l'Amministrazione Comunale gli ha intitolato il campo sportivo (vedi foto del Campo Sportivo nella pagine di Roveredo ieri e oggi) apponendo questa targa:
    «1910 - 1988 a ricordo del suo impegno sociale per la comunità di Roveredo in Piano»
    nel decennale della sua morte.


  • RITA D'ANDREA COJAZZI

    Da un articolo del Gazzettino del 6 ottobre 1994

    «Quale regalo più gradito per l'ottantesimo compleanno di quello offerto alla loro insegnante di canto Rita D'Andrea Cojazzi da parte di un gruppo di allievi se non un concerto lirico nell'auditorium comunale di Roveredo in Piano? Il gesto di riconscenza molto bello, come si è espressa nella presentazione il soprano Mafalda Micheluz, ritirata dalle scene dopo oltre vent'anni di carriera e anch'essa allieva della festeggiata ..., mostra che tra i giovani esiste ancora il sentimento di gratitudine che Rita Cojazzi ha ampiamente meritato.

    ... La manifestazione ha visto anche la partecipazione straordinaria della Corale Concordia di Concordia Sagittaria (di cui la festeggiata è stata la prima maestra) ... che si è esibita in un repertorio di cori da opere verdiane. Gli applausi del pubblico, fra cui numerosi rappresentanti del mondo culturale, hanno dimostrato l'alto gradimento e l'apprezzamento dei protagonisti.

    ... La serata si è conclusa con un fuori programma tra gli scroscianti applausi del pubblico.»