
Monumento ai Caduti
Il monumento ai caduti della Grande Guerra di Roveredo in Piano fu commissionato dal comitato cittadino pro erigendo, fortemente voluto dalle mamme dei caduti e presieduto dal cav. Carlo Giannini, dirigente commerciale estero della “San Pellegrino” che nell’immediato dopoguerra si stabilì a Roveredo e ne diventò cittadino onorario.
Il monumento fu realizzato senza risparmio di mezzi su progetto dello scultore Torquato Tamagnini di Roma, proprietario della Casa d’Arte “Corinthia”, che realizzò oltre un centinaio di monumenti in tutta Italia.
L’inaugurazione del monumento ebbe luogo domenica 24 marzo 1924, alla presenza del sindaco Pietro Del Piero, del comm. avv. Piero Pisenti, della medaglia d’oro Pier Arrigo Barnaba e di numerose altre autorità civili e militari. La benedizione fu impartita dal parroco don Luigi Indri.
L’impianto dell’opera è tradizionale e ciascun elemento costitutivo esprime una chiara regia compositiva di grande efficacia suggestiva: oltre al significato religioso di “sagrato” del recinto che circonda/protegge il monumento, la presenza di tre scalini sotto il plinto richiama immediatamente i tre scalini dell’altare cattolico, dunque trasferisce l’idea del sacrificio di Gesù Cristo ai caduti per la Patria, nella prospettiva di una religione civile della Nazione cui tutti gli Italiani devono credere.
Il plinto reca frontalmente una targa bronzea che raffigura un leone ruggente con gli anni del conflitto esposti in numeri romani: il suo significato è di forza vittoriosa, collegato all’Esercito di popolo che ha saputo resistere sul Piave e a respingere i nemici invasori fuori dal “sacro territorio” della Patria; inoltre il leone è collegato al Leone di San Marco e alla Repubblica di Venezia. Il recupero di questa simbologia è legato alla dottrina politica del Adriatico italiano, in funzione anti-slava, propria di alcuni esponenti della Destra imperialista e dei Nazionalisti.
Il pilastro sulla parte frontale reca una serie di ulteriori simboli: la data del conflitto è iscritta su un’applique bronzea composta da un cartiglio che si srotola su rami intrecciati di alloro e di quercia, legati al valore e alla vittoria militari. Subito sotto si nota un serto a corona in bronzo, che vede l’intreccio ancora di rami di quercia e di alloro, ma anche rami fioriti di rosa, simbolo della gioventù che è stata offerta alla Patria. Il cartiglio reca la scritta “Cirillo Steffanini / ai cari / Roveredani caduti in guerra”.
Il coronamento del pilastro è fregiato tutt’attorno da un’applique bronzea che unisce ai ricorrenti rami di quercia e di alloro a un medaglione recante la croce greca patente: ulteriore transfert dalla religione cattolica comune degli Italiani alla nuova religione della Nazione.
La bronzea statua sommitale rappresenta un soldato equipaggiato assai realisticamente per l’inverno, perché la definitiva sconfitta degli invasori si consumò con la ritirata dell’ottobre-novembre 1918. E il gesto imperioso del soldato, che indica il Nord, vuole trasmettere che non ci dev’essere requie finché il nemico non sarà ricacciato dietro il confine naturale dell’Italia, cioè le Alpi. È anche un monito per le future generazioni. La resa del volto, dal profilo volitivo, risente già dell’identificazione con l’effige del nuovo Duce d’Italia, che sta realizzando la “rivoluzione incompleta” del Risorgimento.
Un ringraziamento al Sig. Giordano Brunettin ed alla rivista Eventi per i testi, alla lista Civica Roveredo per la proposta sulla valorizzazione del Monumento ai Caduti che ha permesso anche di riscoprire il nome del Parco della Rimembranza ai nostri valorosi caduti per la Patria, erroneamente sostituito con altro nome.